rivista di letteratura in embrione

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Matteo Severgnini
Editoriale
L'ago della siringa (racconto)
Note biografiche



EDITORIALE

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Matteo Severgnini


Navigare all’interno della sfera di Internet, significa muoversi da una schermata all’altra, passare da un nodo all’altro digitando semplicemente un tasto oppure usando il proprio mouse. Tutto questo avviene in modo semplice e veloce. Dove il tempo viene ottimizzato grazie alla velocità.
Tempo e velocità.
Il tempo è un fattore dominante di Internet.
Il tempo è un fattore dominante del racconto che state per leggere.
La velocità è un fattore dominante di Internet.
La velocità è un fattore dominante del racconto che state per leggere.
Ecco il parallelismo che lega Internet al racconto ‘L’ago della siringa’ e a quelli che seguiranno. Un racconto breve, di facile e veloce lettura che può essere letto direttamente sullo schermo. Se sul circuito possiamo navigare da luogo a luogo, in questo racconto passiamo da un frame narrativo all’altro con flashback e salti temporali che spiazzano il lettore colpendo la sua attenzione nel momento in cui si ha l’impressione di leggere la parola ‘Fine’. Ma i racconti in genere (e di genere) possono aver mai fine, se si tratta di embrioni in un incubatoio...

L'AGO DELLA SIRINGA

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Matteo Severgnini


Ciao!”
“Oh... ciao, scusa, non ti avevo vista. Come va?”.
“Bene grazie e tu? Ho saputo che hai cambiato lavoro”.
“Sì, da un paio di mesi. Mi sono licenziata dalla casa di cura, era diventato troppo rischioso. Adesso faccio l’infermiera personale da un anziano non autosufficiente”.
“Ah, e come ti trovi? Immagino che paghi bene”.
“Esatto, proprio così. E’ uno molto ricco, ma la cosa più importante è che non darà molte difficoltà, sarà un cosa facile facile. E’ praticamente immobilizzato sulla sedia a rotelle...”
Si svegliò di soprassalto senza aver bisogno dell'aiuto dell'amica sveglia che lo salvava sempre dal ritardo in ufficio. Questa volta però non ebbe bisogno di nessun aiuto perché sarebbe stato un giorno per lui molto particolare. Non sarebbe andato in ufficio ma in ospedale per un prelievo del sangue.
Era preoccupato.
Da alcuni giorni viveva nel terrore.
Fin da piccolo non aveva mai avuto paura del medico ma il prelievo del sangue lo terrorizzava. Epiche furono le gesta per evitare i prelievi, una vera e propria tortura per lui. Con il passare degli anni non cambiò nulla. Si portò sempre appresso questo terrore ed anche adesso, alla soglia dei trent’anni, aveva una stramaledetta paura dell’ago della siringa. Questa volta però non poteva farne proprio a meno, il medico gli aveva ordinato le analisi in modo categorico.
“La situazione è tale che lei deve assolutamente fare un check-up completo e quindi anche un prelievo del sangue”.
“Ma dottore io... le ho già detto che...”
“Senta signor Carati- lo interruppe il medico - lei è libero di fare quello che vuole, io posso solo darle dei giusti consigli”.
“D’accordo dottore lo farò” disse rassegnato.
Alzatosi dal letto guardò l’orologio che segnava le sei e quarantacinque.
Dopo essersi vestito andò in cucina a prepararsi la colazione ma il borbottio della caffettiera gli ricordò che non poteva ingerire nulla. Maledì ancora una volta il prelievo e spense il fornello. Finì di vestirsi e uscì di casa. Durante il tragitto verso l’ospedale pensò a quanto aveva sentito sui prelievi del sangue e rabbrividì. Possibili contagi, l’AIDS, l’epatite ed altre malattie, un possibile svenimento con la caduta a terra picchiando contro lo spigolo del lettino; entrare in coma o addirittura morire sul colpo e altre cose ancora. Ma la cosa che lo atterriva maggiormente era quel terrificante piccolo ferro appuntito: l’ago della siringa. Era veramente terrorizzato pensando che da lì a poco avrebbe visto quella punta metallica perforare la sua carne. Inoltre sapeva che se l’infermiera invece di aspirare il sangue avesse spinto l’aria dentro, lui sarebbe morto dopo alcuni istanti, il tempo che serve all’embolo per raggiungere il cervello. A questo pensiero smise di camminare e si fermò di colpo. Si mise ad osservare il dondolio delle barche attraccate al ponticciolo del lungo lago.
Stava meditando su quello che avrebbe fatto, stava pensando a...
‘Torno a casa’.
A questo attimo di panico ne seguì uno di lucidità e riprese a camminare verso l’ospedale. Salì i gradini con lentezza cercando di calmare l’angoscia che aveva dentro di sé. Nella sala d’attesa non c’era nessuno, così poté prendere il biglietto numero uno. Si sedette. Accavallò le gambe e iniziò a mordicchiarsi le unghie. Dopo alcuni minuti arrivò un infermiera. Lui la seguì con lo sguardo lungo il corridoio: una ragazza sui venticinque anni, molto bella ed affascinante e lui si chiese come mai una donna così facesse l’infermiera. Alta circa un metro e settantacinque, capelli lunghi castani legati da un fermacapelli rosso cupo, carnagione scura, gli occhi marroni molto caldi, labbra carnose ed un bel naso, tutto questo su un corpo flessuoso ed attraente. Arrivata vicino a lui, le chiese se era lei ad occuparsi dei prelievi.
Gli rispose in tono molto pacato con una voce rassicurante che sì lei era l’infermiera che si sarebbe occupata dei prelievi quella mattina perché il medico era assente. Quel suo modo di fare garbato lo rassicurò un poco ma non riuscì a distogliersi il pensiero da quell’ago. Con il passare dei minuti la sala d’attesa si riempì di gente. Dopo una lunga attesa, che per lui si rivelò un vero e proprio calvario, finalmente arrivò il momento di farsi veramente coraggio. La porta dell’ambulatorio si aprì ed un’altra infermiera con voce roca disse:
“Avanti il numero uno”.
Un brivido gli percorse tutto il corpo. Si alzò quasi tremolante, si diresse verso l’infermiera ed entrò nell’ambulatorio. La bella infermiera lo accolse con un sorriso rassicurante.
“Non si deve preoccuppare, non sentirà alcun dolore, è questione di un attimo. Si rilassi e faccia il pugno.”
Distese il braccio sul lettino. Gli venne messo il laccio emostatico e fece il pugno fissando la siringa che lei teneva in mano. Poi distolse lo sguardo. Sentì soltanto l’ago che entrava nella sua carne. Si girò per vedere il sangue che entrava nel serbatoio della siringa, guardò in alto in direzione della bella infermiera che gli sorrise nuovamente. Riportò quindi lo sguardo sul braccio e vide il sangue che non riempiva più il serbatoio: stava tornando in vena.
La mano della bella infermiera stava spingendo il sangue nella sua carne insieme all’aria contenuta nel serbatoio. Venne colto dal terrore. Guardò il viso dell’infermiera, non era più quello rassicurante di prima. Lo stava fissando con gli occhi iniettati di rosso. Gli stava sorridendo con le labbra tese e la bocca aperta digrignando i denti con una leggera bava che fuoriusciva dagli angoli della bocca.
Terrore.
Si svegliò di soprassalto tutto sudato e tremolante. Pensò che tutto fosse solo un sogno. Prese coscienza che in effetti si trattava solo di un incubo e cominciò a rilassarsi. Alzò il braccio destro per cercare l’interruttore della luce ma sbatté contro una parete. Una parete rivestita di velluto. Pensò che durante il sonno agitato si fosse spostato nel letto ma comunque non si spiegava il velluto sulle pareti della sua stanza. Non aveva nessun tipo di tappezzeria sui muri. Alzò quindi il braccio sinistro che andò a sbattere contro una supeficie dura e vellutata.
L’angoscia cominciò a pervaderlo. Cerco allora di alzarsi ma sbatté forte la testa contro una superficie dura e vellutata.
Intrappolato.
Era in una bara. Bara sepolta sotto tre metri di terra. Sepolto vivo.
Dal primo piano della tomba l’immagine passò ad un campo lungo del cimitero ed apparve la scritta FINE.
“Ma che razza di film! - esclamò il Signor Baldueri spegnendo con il telecomando la televisione. Non potendo muoversi prese il campanello, lo scosse per chiamare l’infermiera personale.
“Mi porti per favore un goccio di quel cognac che mi ha regalato l’avvocato Giussini per Natale”.
L’infermiera che era nella stanza attigua al salotto rispose pacatamente.
“Mi scusi, ma prima del cognac devo fare l’iniezione che le ha prescritto il medico.”
“D’accordo, d’accordo, va bene... ma dopo voglio il mio cognac.”’
L’infermiera entrò nel salotto con la siringa in mano pronta all’uso. Questa era una ragazza sui venticinque anni molto bella ed affascinante ed il signor Baldueri quando l’aveva assunta alle sue dipendenze come infermiera personale, si era chiesto come mai una ragazza così bella facesse l’infermiera ad un vecchio brontolone infermo di ottant’anni sulla sedia a rotelle come lui. Alta circa un metro e settantacinque portava i capelli lunghi castani legati da un fermaglio rosso cupo, aveva una carnagione scura, gli occhi marroni molto caldi, labbra carnose ed un bel naso, tutto questo su un corpo flessuoso ed attraente. Il signor Baldueri distolse lo sguardo dalla televisione e guardò la bella infermiera che lo stava fissando già da alcuni secondi con occhi iniettati di rosso. Gli sorrideva con le labbra tese e la bocca aperta digrignando i denti con una leggera bava che le fuoriusciva dagli angoli della bocca.
Pronta ad usare l’ago della siringa....


(Tratto da AA.VV., "Dal bianco al nero", Edizioni Casa Rosa, 94)


L'autore: Matteo Severgnini

Matteo Severgnini è nato a Domodossola nel 1970 e vive tra Omegna e Bologna, dove è iscritto al DAMS. Collabora con radio e testate locali e con la fanzine "Pucianiga comix" come sceneggiatore di fumetti. Ha partecipato, nel 1994, all'antologia "Dal bianco al nero" (Edizioni Casa Rosa) con i due racconti "L'ago della siringa" e "Un bel mazzo di fiori", e all'antologia "Sospeso - racconti d'autore", Editrice l'Entronauta, 94


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